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Cultura e società

Luca Signorelli, cinque secoli dopo: inquieto e irrequieto, geniale

Giancarlo Pani

7 Ottobre 2023

Quaderno 4159

Luca Signorelli, “Pietà” (Cattedrale di Orvieto).

A cinque secoli dalla morte, ricordiamo Luca Signorelli, uno dei protagonisti del Rinascimento, vissuto tra il 1450 e il 1523. Nato a Cortona, al confine fra Toscana e Umbria, era allievo di Piero della Francesca e lo ha saputo imitare nella pittura così bene che – a detta di Vasari – non si poteva distinguere l’allievo dal maestro[1]. Giovanni Santi, il padre di Raffaello, nella Cronaca Rimata, intorno al 1485, ricorda Signorelli tra i più importanti pittori italiani, e lo definisce «’l Cortonese Luca d’ingegno et spirto pellegrino»[2], per indicarne la genialità e la novità delle invenzioni pittoriche. Certo la qualifica di «pellegrino» potrebbe riferirsi a lui perché andava «pellegrinando» spiritualmente nel mondo dell’arte. Ma a quel tempo il termine indicava qualcosa di raro, di singolare, di nuovo[3]. In breve tempo l’artista diventa noto ovunque, tanto che nel 1499, quando gli viene affidato il completamento degli affreschi della Cappella Nova o di San Brizio nel Duomo di Orvieto, è definito famosissimus pictor in tota Italia[4].

La formazione pittorica

Alla scuola di Piero della Francesca, Signorelli s’impadronisce della pittura ad olio e delle nozioni prospettiche fondamentali per la tecnica dello scorcio, in modo da movimentare lo spazio in cui operano le figure. Fin da giovane sa guardare alle novità della ricerca artistica degli ultimi decenni del Quattrocento, in particolare del Pollaiolo e di Benedetto da Maiano, e mettersi in sintonia con il successo della pittura fiorentina.

Tra le sue prime opere va ricordato il ciclo di affreschi realizzato nella sacrestia ottagonale di San Giovanni nella Santa Casa di Loreto. Negli otto spicchi triangolari della cupola Luca ritrae i quattro evangelisti e i dottori della Chiesa. Sulle pareti della sacrestia dipinge l’Incredulità di san Tommaso, la Conversione di san Paolo e dieci apostoli. L’Incredulità ricorda da vicino la composizione di Andrea del Verrocchio nell’Orsanmichele, mentre la Conversione rivelauna sintesi tra «Piero [della Francesca], maestro della stasi assoluta, [e] il Pollaiolo, maestro del movimento assoluto. […] È come se le figure in movimento siano state istantaneamente fermate o figure ferme siano state improvvisamente messe in moto»[5]. In realtà è una pittura teatrale, che già prelude alle rappresentazioni più complesse di Orvieto.

Nel 1482 Luca lavora a Roma sui ponteggi della Cappella Sistina accanto al Perugino e a Bartolomeo della Gatta, mentre in città dipingono Botticelli, Ghirlandaio, Rosselli e Pinturicchio. Nel Testamento e morte di Mosè sono da

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Luca Signorelli, cinque secoli dopo: inquieto e irrequieto, geniale

Giancarlo Pani

Scrittore emerito de La Civiltà Cattolica.


7 Ottobre 2023

Quaderno 4159

  • pag. 19 - 33
  • Anno 2023
  • Volume IV

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Si parla di:

Arte Pittura Rinascimento Umanesimo

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