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Chiesa e spiritualità Cultura e società

Un «popolo saggio e intelligente» e la sua legislazione

Ottavio De Bertolis

18 Maggio 2024

Quaderno 4174

Un testo della Scrittura offre spunti interessanti per una riflessione più ampia sul senso della legislazione, sul suo significato nel benessere di una società, sul ruolo del diritto in essa. Ci riferiamo a un passo del Deuteronomio, dove, a proposito delle leggi di Israele, viene affermato: «Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”» (Dt 4,6). Una legislazione è dunque, propriamente, la saggezza e l’intelligenza di un popolo nel duplice senso di mostrarla e di darle forma concreta, costituirla.

Ovviamente questo testo va compreso in un contesto nel quale la legge civile e la legge religiosa coincidono, così come coincidono la società civile e quella dei fedeli, il cosiddetto «monismo giuridico». Del resto, questa è precisamente la situazione nella quale si trovava Gesù nella società del suo tempo. Egli stesso, proclamando «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21) separa i due ambiti e pone così le basi della laicità dell’ordinamento giuridico. Con Graziano, e poi verso la fine del Medioevo, saranno definitivamente distinte le norme di diritto divino da quelle di diritto umano, o ecclesiastico, come si diceva: l’ordinamento giuridico inaugura il secondo millennio distinguendo le fonti, precedentemente ancora confuse, e ponendo così le basi della laicità degli attuali ordinamenti giuridici secolari[1], così come, del resto, la narrazione della creazione nel primo capitolo della Genesiaveva desacralizzato la natura e, in fondo, espunto Dio dalla scena del mondo, separando i due ambiti: quello naturale e quello soprannaturale.

Anche oggi, ad esempio, nella famiglia giuridica dell’islam il Corano è testo sia civile sia religioso e i suoi interpreti, come quelli della Torah (scribi e farisei), svolgono un ruolo anche civile. Vale la pena ricordare che il monismo giuridico è proprio delle società non cristiane: se Dio dà delle leggi, non saranno forse giuste? E che senso avrebbe separarle da quelle civili, come avviene per noi oggi? Ancora nel mondo romano, un funzionario, per diventare console, doveva prima essere pontefice massimo: l’elaborazione del diritto avveniva infatti sulla base di un mos che affondava le proprie radici in un collegio di pontefici[2]. Interpreti del diritto, testi normativi e comunità giuridicamente organizzata non si distinguono dall’ambito religioso, dai

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Un «popolo saggio e intelligente» e la sua legislazione

Ottavio De Bertolis

Cappellano di Sapienza Università di Roma


18 Maggio 2024

Quaderno 4174

  • pag. 327 - 339
  • Anno 2024
  • Volume II

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